Canone RAI. Legge

Il canone sulle trasmissioni (a quei tempi solo radiofoniche) fu istituito da Mussolini nel 1938 per coprire le spese necessarie per la costruzione delle stazioni radio. Ovviamente la motivazione principale era quella di sfruttare l’invenzione di Guglielmo Marconi per poter far entrare direttamente nelle case la propaganda del regime, facendo in modo che fossero gli italiani stessi a pagarsela. Attualmente le cose non è che siano cambiate di molto. Si sono perfezionate, in ogni senso. Negli anni ‘50 a supporto della radio è arrivata la televisione, negli anni ‘60 è arrivato il secondo canale, negli anni ‘70 è arrivato il terzo, resosi indispensabile per soddisfare le esigenze della Sinistra a completamento della lottizzazione, e negli anni ’80 è scesa la mannaia a colpire l’anarchia della RAI con l’avvento delle televisioni private. A condire le informazioni, nel corso degli anni sono nate trasmissioni prima radiofoniche e poi televisive. “Lascia o raddoppia” e “Il musichiere” sono state fonti di ispirazione sulle quali si è basato e ancora si basa il 50% dell’intrattenimento televisivo. L’altra metà è fatto di fiction, film e telefilm, spesso prodotti dalla stessa RAI, il tutto ben inzeppato da abbondante pubblicità. Fatta questa breve storia della radiotelevisione italiana, a questo punto sorgono 3 domande.
La prima è: perchè dovremmo pagare il canone? Il motivo principale è quello iniziale: lo Stato deve essere sicuro che il cittadino possa ricevere le informazioni e, pur essendo anacronistico nell’era di internet, è una causale legittima, in quanto sul web si dice tutto e il contrario di tutto, ed è necessario che esista un canale ufficiale sul quale lo Stato ci possa informare.
La seconda domanda è: perchè stiamo pagando così tanto? La risposta è che quei soldi servono non solo per l’informazione, ma anche per produrre format, film, fiction, documentari, mega stipendi per i dirigenti, pensioni d’oro, vitalizi, ospiti d’onore e conduttori super pagati, ecc. Ma i soldi male utilizzati non bastano mai: lo Stato infatti deve mettere mano al portafoglio per mantenere questo carrozzone. Di conseguenza: la RAI deve gestirsi utilizzando esclusivamente i soldi del canone, e lo Stato non deve sprecare denaro pubblico per alimentare trasmissioni considerabili superflue in una televisione pubblica (cioè qualsiasi cosa trasmessa che non sia informazione). Per gli stipendi e i privilegi del pubblico impiego vedi la riforma generale.
La terza domanda è: possiamo noi poter decidere anche la più piccola cosa riguardo ciò che viene trasmesso e che stiamo profumatamente pagando, o al limite discuterne o porre un veto? La risposta è no. E’ come se lo Stato ci imponesse di firmare un contratto senza farcelo leggere.
Per queste motivazioni vanno istituiti due tipi di canone (obbligatorio):
1. Un canone per la sola informazione, con accesso ad un unico canale, al costo annuo massimo di 10 euro.
2. Un canone completo con accesso a tutte le frequenze RAI, al costo annuo massimo di 100 euro.
Il cittadino potrà scegliere uno dei due.

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